Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 64 del 17 marzo 2017, la riforma Gelli è diventata Legge. Il nuovo testo ha cambiato alcuni dei pilastri del rapporto medico paziente: ne parliamo con l’Avvocato Daniele Camaiora, socio fondatore dello Studio Legale Canella Camaiora.

– Il Suo studio si è occupato in modo analitico della riforma, con un interessante articolo che ne riporta i tratti più salienti: che cosa cambia nella pratica per il medico o l’odontoiatra che esercitino la professione privatamente in relazione al risarcimento di eventuali danni causati al paziente?

– La riforma Gelli modifica la responsabilità medica sia sul piano del risarcimento del danno, che sul piano penale. Per essere più precisi, il libero professionista che eserciti privatamente risponde dei danni presuntivamente causati al paziente per il solo fatto di aver agito in base ad un rapporto contrattuale (dopo che il paziente ne ha accettato il preventivo e le prescritte terapie); sarà poi onere del professionista quello di dimostrare il corretto adempimento delle obbligazioni per evitare di dover risarcire il danno al paziente (art. 7 commi 2 e 3, L. 24/2017). Possiamo quindi dire che la riforma Gelli aggrava l’onere della prova a carico dei medici che esercitino privatamente la professione.

– La riforma Gelli incide anche sulla responsabilità penale del medico: è corretto dire che il professionista che segue le “linee guida” può dormire sonni tranquilli?

– Diciamo che sembra corretto, anche se la norma è confusa e contradditoria. Fatti salvi e in attesa degli eventuali correttivi interpretativi della giurisprudenza, dalla mera lettura della prima parte del testo dell’articolo 590-sexies del codice penale (introdotto dall’art. 6 comma 1 L. 24/2017) pare evincersi, in buona sostanza, che chi esercita privatamente la professione sanitaria debba seguire le “linee guida” a prescindere: infatti, qualora abbia seguito tali “linee guida” (oppure, in loro assenza, le buone pratiche clinico-assistenziali), il professionista non potrà essere punito per i reati di omicidio colposo o lesioni colpose nemmeno in caso di imperizia. Peccato però che l’ultima parte del testé citato articolo, con l’evidente intento di non dimenticarsi del bene giuridico primario di cui si tratta (ovvero la salute dei pazienti), precisi che la scriminante si applichi «sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto»… Insomma, come spesso avviene, tutto e il contrario di tutto.

– Cosa significa “nei soli casi di imperizia”?

– Purtroppo può capitare che il medico causi colposamente (senza volerlo) la morte del paziente, oppure provochi lesioni al medesimo; la colpa del medico in questi casi può derivare da negligenza, imprudenza o imperizia. Ancora una volta, siamo in presenza di distinzioni piuttosto “fumose”. Volendo a tutti costi vedere delle differenze (e dare un senso alla previsione legislativa, che parla specificamente di “imperizia”), possiamo dire che: la negligenza consiste in un comportamento disattento o superficiale; l’imprudenza nell’agire del medico che non soppesi attentamente i pro e i contro del proprio operato; l’imperizia invece è un concetto che comprende l’incapacità o inettitudine del medico a porre in essere delle azioni tecnicamente ineccepibili. Se ne ricava che il Legislatore non scusi il medico negligente o imprudente, ma sembri guardare con più indulgenza a quel medico che – sebbene non tecnicamente ineccepibile – applichi le linee guida e le buone pratiche: in tale ultimo caso, il medico non sarà ritenuto punibile per il reato di omicidio colposo o di lesioni colpose.

– Deviando dagli aspetti di responsabilità del medico, è molto interessante osservare come la Legge Gelli introduca l’obbligo di trasparenza nei confronti del paziente, con conseguente obbligo di mettere la cartella sanitaria a disposizione di quest’ultimo entro una settimana dalla richiesta. Tale obbligo è applicabile anche ai liberi professionisti, o solo alle strutture pubbliche? È altresì obbligatorio fornire la cartella in formato elettronico?

– La Legge Gelli è molto chiara: qualsiasi struttura, che sia pubblica o privata, deve rendere disponibile al paziente la documentazione sanitaria entro 7 giorni dalla richiesta, preferibilmente anche in formato elettronico (art. 4 comma 2 L. 24/2017).

– Il ricorso alla mediazione obbligatoria, in alternativa alla consulenza tecnica preventiva, da tentarsi prima di arrivare in causa, parrebbe – a prima vista – una formula per decongestionare i Tribunali. È così? Non si corre il rischio di creare ulteriori attese su tempi già considerati lunghi?

– Lo strumento della mediazione previsto dall’art. 8 della Legge Gelli è molto interessante: certamente va usato per lo scopo per cui è creato, cioè trovare un accordo evitando (e decongestionando) le aule di Giustizia. Troppo spesso purtroppo, per esperienza personale, ho constatato una certa ritrosia delle parti a trovare un punto d’incontro, e la tendenza a sottovalutare la mediazione quale strumento realmente efficace: quindi sì, in effetti il rischio di allungare le controversie c’è, soprattutto nei casi in cui le parti in causa non abbiano alcun interesse a mediare (il che è tristemente ricorrente per un popolo notoriamente “litigioso” quale è quello italiano).

– Tra le obiezioni sollevate, c’è chi ha interpretato la riforma come un cadeau alle compagnie d’assicurazione: è veramente così?

– Da un punto di vista normativo, la Legge Gelli precisa, sulla scorta di quanto già previsto dalla normativa antecedente per i soli liberi professionisti, l’obbligo di assicurazione per tutti gli operatori medici e sanitari. Dall’altro lato però, è prevista la possibilità per i danneggiati di esperire l’azione di risarcimento del danno direttamente nei confronti dell’impresa che ha emesso la polizza a beneficio del professionista chiamato in causa (art. 12 comma 1 L. 24/2017): questo mi fa concludere che sì, probabilmente le imprese assicurative emetteranno più polizze, ma saranno anche più occupate a fronteggiare cause in via diretta nei loro confronti (nei limiti del massimale e della franchigia), quali soggetti più liquidi rispetto agli assicurati.

– È previsto un Fondo di Garanzia: che funzioni dovrebbe avere e chi ne può beneficiare?

– Il Fondo di Garanzia è un fondo alimentato annualmente da tutte le imprese assicuratrici (art. 14 L. 24/2017), al fine di coprire i danni da responsabilità sanitaria causati ai pazienti da soggetti non coperti dall’assicurazione, ovvero nei casi in cui il risarcimento dei danni derivanti da attività medica eccedano il massimale dell’assicurato. Va ovviamente sottolineato come l’intervento del Fondo di Garanzia sia condizionato all’effettiva capienza finanziaria dello stesso (art. 14 comma 3 L.24/2017) e sarà quindi fondamentale – in ottica futura – che vengano fatte rispettare in maniera rigorosa le norme finalizzate a fare in modo che il Fondo di Garanzia disponga sempre di adeguata provvista.

– Un’ultima domanda. Secondo la Sua opinione, la Legge Gelli potrebbe portare nel lungo periodo ad un più sereno rapporto medico-paziente?

– Come per tutte le riforme, anche per la Legge Gelli ci vorrà almeno un anno di rodaggio per comprenderne a fondo le conseguenze operative; è mia opinione tuttavia che possa rappresentare un buon punto d’inizio nella definizione di un più sereno rapporto tra medico e paziente, in parte grazie all’introduzione dell’obbligo assicurativo per tutti i professionisti che operano nel settore, il che tutela maggiormente i pazienti in caso di danno, e in parte grazie alla possibilità per gli operatori medici e sanitari di non temere per il proprio operato laddove esso si conformi alle linee guida approvate dal Ministero e alle good practices del settore.

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